Alla bellezza delle donne e al Martini ghiacciato.
Secco alla Hemingway?
Si perfetto
Tanqueray?
Il Ten per favore.
- si muoveva con gesti sicuri, da chirurgo, da artista, da professionista, come quando con un rapido scatto del polso riempì fino all’orlo i calici di sottilissimo cristallo, due Lalique inizio novecento. Il gin scorse come da una sorgente cristallina, dallo shacker lungo un alveo uterino formato da una buccia di limone, per poi raggiungere il calice, questo liquido trasparente e leggermente oleoso appanò il cristallo.
A cosa vogliamo brindare?
Alla bellezza, naturalmente.
Mi accorsi come spesso mi accade e come il mio amico Aldo mi fa notare, che tenevo le spalle ricurve, e questo non solo m’invecchia, ma mi fa sembrare più basso. Mi raddrizzai, acquistando in età, in altezza e in dignità. Trangugiai avidamente, a differenza del mio amico Aldo, tutto d’un fiato il mio Martini, pronto così ad ordinarne un altro. Socchiusi gli occhi, una gradevole sensazione di calore m’invase le viscere, regolarmente a digiuno, un’altrettanto gradevole euforia cominciò a filtrare attraverso le contorte volute del mio cervello. Prima di obnubilare, dopo il terzo Martini, le già scarse mie facoltà cerebrali, è indubbio che l’alcool favorisce l’esplosione di sublimi attimi di suprema creatività e lucidità. Sono questi geniali attimi che rendono la vita e una amicizia, degna del tempo che scorre.