martedì 21 ottobre 2008
Dandies Martìniani
Il Martini si afferma tra gli anni Venti sull’euforia del secondo dopoguerra. Gin e Dry, man mano sempre più secchi, imposero la loro legge e fecero storia. Storia che ha il suo periodo splendido negli anni sessanta: jazz e ritmi latino-americani danzati fino all'alba. Ricordo i bar di Manhattan, strepitosi quanto discreti. Il Martini veniva servito con le note insinuanti del sax di Gery Mullighan o il tocco a 5/4 di Dave Bruebeck. Ricordo "les vagues" che fecero più impertinente il cinema con la benedizione di J.P. Belmondo, i suggerimenti di Hunphrey Bogart, Sommerset Maugham, Rita Haywort e Tennessee Williams. Soprattutto di Hemingway, all'Harry's Bar di Venezia o al Floridita dell'Habana. È con l'impronta di queste eccezionali personalità che nasce una nuova razza: quella dei Martinìani. il Martìniano lo si riconosce subito. Da come cammina e fa il suo ingresso al bar, mai un bar qualunque o dalle anonime atmosfere. Anche le scarpe che calza sono sobriamente adeguate a soprattutto comode, come del resto la giacca. Veste i colori della natura, con camicie mai inamidate. La cravatta appare ma non troppo. Quando parla ti guarda sempre negli occhi... Un uomo di classe dunque, non effimero e fatuo un uomo vero. Quando presagisce che il barman non sia all'altezza del suo esigente stile di bere, non azzarda il proprio e l'altrui imbarazzo, ma preferisce chiedere elegantemente un bicchier d'acqua, sempre molto fredda s'intende. Il Martìniano conosce il segreto di sorridere senza ricorrere all'ultima barzelletta alla maldicenza e all'adulazione... E la sua compagna? Appartiene alla schiera non affollatissima delle signore che sanno bere, sedurre con eleganza e non essere decorative. (Mauro Lotti)
(http://www.krafthotel.it/italiano/ristorante/kraft_hotel_firenze_martini.html)